«Quanto ci mettiamo ad arrivare?»

«Tranquilla amore, facciamo la strada fatta al ritorno l’anno scorso, quindi in un’ora e venti siamo a destinazione, al massimo un’ora e mezza!»

Mai previsione fu più sbagliata in vita mia, in effetti ci abbiamo messo un’ora e venti, ma anche questa volta al rientro a casa, all’andata invece ho avuto il piacere di perdermi per il Piemonte (con navigatore e percorso stampato da viamichelin, il che lo considero un record!) quando ho letto le indicazioni per il traforo del Frejus ho capitolato definitivamente: meglio che chiamo Mamma C e le dico di iniziare a mangiare senza di noi e soprattutto di andare a comprarsi il dolce.

Cellulare spento! Vorrà dire che in qualche modo ci devo arrivare, fosse solo per un salutino.

All’alba delle 12.20 (o era più tardi?) varchiamo la soglia di casa Mamma C, stanchi  per l’interminabile viaggio, ma alla fine ne è valsa la pena. Eccome, anche solo per questo (non avendo buona memoria chissà quante me ne sono perse):

Matt dai modi da piccolo Lord: «Il grissino non lo voglio grazie, altrimenti poi non mangio stasera» (mentre aspettava gli gnocchetti)

Simo detto anche l’uomo del fuoco: «Papà D, bruciamo un altro pezzo di legno?» (incantato dalla magia del fuoco)

Giulia, la piccola trituratrice silenziosa: «non trovo più il mio uccellino rosso» (Edo, ne sai qualcosa?)

Edo con le sue pile duracell: «Io sono arrabbiato» (appena c’era qualcosa che non gli andava a genio)

La seconda volta è stata ancor più bella della prima, ospiti di Mamma C, una padrona di casa impeccabile nonostante la dolce attesa (un grazie particolare a Papà D. per aver grigliato tutto quello che era grigliabile compresa tutta la legna per la gioia di Simo), non ho avuto il piacere di conoscere anche questa volta l’altra metà di Mamma F, ma mi sono rifatto con Stima, la immaginavo completamente diversa ed è stato un piacere conoscerla così come la sua splendida bimba.

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Da leggere ascoltando De Gregori in “Compagni di viaggio”