Un vecchio articolo conservato in un quaderno di scuola elementare, ritagliato e incollato su larghe righe, un articolo che avrebbe dovuto parlare di sport, ma che invece parla di una tragedia utilizzando termini oggi abusati come Paese, Patria e racconta la forza e il coraggio di due genitori fuori dal comune. Un ricordo di un bambino e della umanità dei loro genitori perché non c’è nulla di più doloroso che sopravvivere ai propri figli. Questa è la sofferenza che ho vissuto negli occhi di mia mamma, in silenzio, piangendo, di nascosto e cercandola di aiutare come possibile ma sicuramente non abbastanza. E questo lo capisci solo quando diventi genitore, perché da quel primissimo incontro la tua vita cambia e si lega in maniera indissolubile, capisci cos’è l’amore incondizionato, senza pretese, senza chiedere nulla in cambio, senza calcoli che poi è l’eredità più bella che mi hanno lasciato i miei genitori.

“Oggi non me la sento di parlare dei brividi del calcio, dei gol segnati nei lunghi recuperi, di chi ha vinto e di chi ha perso… Altri brividi sono presenti nei pensieri, altre sconfitte dobbiamo annoverare come uomini e come italiani. Dai giornali di ieri abbiamo saputo che Nicholas Green di 7 anni, il bambino californiano al quale hanno sparato sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, è morto all’ospedale di Messina. E abbiamo anche saputo che i suoi genitori, Reginald e Margaret, hanno accettato che gli organi del figlio (cuore, fegato, reni e cornee) siano destinati ai trapianti.

Donazione, espianto, trapianto? Sono parole gelide davanti a un caso come questo: indicano i mirabili traguardi toccati dalla scienza, ma lasciano nell’ombra il senso profondissimo del gesto di Reginald e Margaret Green. Il padre ha detto: «Nicholas aveva un cuore grande, batterà ancora per qualcun altro». E ha chiesto di conoscere i nomi dei bambini che avranno una vita migliore  con gli organi di Nicholas.

Mi indigna, mi dà vergogna il pensiero che questo assassinio sia avvenuto nel nostro Paese. Era qui, la famiglia Green, per visitare i luoghi nei quali l’antica civiltà ha lasciato vestigia di una bellezza che ha scavalcato i millenni: i Green erano stati a Paestum, avevano in programma di vedere Selinunte, Siracusa, Agrigento, Segesta.

Ma alcune belve hanno fiancheggiato l’auto dei Green e sparato alla testa di Nicholas. Questi sono i momenti in cui uno che scrive avverte che le parole sono un pover mezzo inadeguato per esprimere l’emozione e la commozione. Penso che ognuno di noi debba idealmente inchinarsi davanti a Reginald e Margaret perché le parole che hanno saputo dire, pur in mezzo a tanto strazio, sono parole di autentica grandezza umana: «Non è colpa di voi italiani. Poteva essere una splendida vacanza. Certo se gli assassini venissero catturati, sarebbe una buona notizia per tutti».

Questo, però, non ci consola. Un delitto così non dovrebbe restare senza colpevoli. E l’idea che ogni notte, in quel tratto di autostrada, tragedie tanto orribili possano ripetersi, è come un tarlo che insidia questa domenica, qualcosa di velenoso e di atroce che ci provoca malessere.

Addio, Nicholas, bambino ucciso dopo aver visto le bellezze di questa nostra terra. Scriviamo il tuo nome sull’effimera carta d’un giornale e sentiamo nella distanza il tuo piccolo cuore che batte ancora in mezzo a noi.”

Giulio Nascimbeni

2 Ottobre 1994 – Gazzetta dello Sport

Nessuna canzone oggi, il silenzio ogni tanto vale molto di più.