In macchina. Stiamo tornando dalla spesa. Svolto a sinistra e mi trovo davanti una Micra bianca (è stata la mia prima vera macchina – bianca-, l’ultimo regalo di mio papà, ma questa è un’altra storia) tutta tappezzata di adesivi colorati, fiori, soli, alberi, alberelli, trifogli diciamo un vero e proprio tocco di colore anni settanta oppure solo un modo per rendere meno taxi l’auto. Lo becco proprio al centro della strada, così preciso da non lasciarmi spazio né a destra né a sinistra; vedo in lontananza scattare il rosso per cui mi adeguo alla velocità guardando con che maestria procede a zig-zag. A un certo punto riesco a superare e mi metto sulla corsia di sinistra per svoltare al semaforo. Dallo specchietto vedo avvicinarsi minacciosa la Micra hippy andando sempre un po’ a casaccio come se proprio non ce la facesse a tirare dritto. Quando si trova a un centimetro, abbassa il finestrino e chiede:

“Scusi, per quella direzione dove si va?”

“????? (mi sta prendendo per i fondelli o si è fumato tutti gli alberelli attaccati sulla macchina!) Veramente sarebbe meglio che mi dicesse lei dove deve andare?”

Si gira guardando la sua compagna di avventura, probabilmente convenendo che la domanda fatta non aveva senso o forse nella loro testa un senso ce l’aveva:

“Ahhhh, vero. Per Aiazzone, va bene di là?” (Aiazzone noto paese dell’hinterland milanese, ma non è fallito!)

“Se deve andare per Aiazzone, allora va bene, giri a destra e sempre dritto e buona fortuna!”

E così i miei due reduci catapultati direttamente dal ‘68 li vediamo andare via allontanandosi al nostro orizzonte sempre evitando accuratamente di andare dritti sulle torride strade milanesi. Buon viaggio ragazzi.

PS: benvenuta Viola!

Da leggere ascoltando “Let the sunshine in”