La domanda rivolta alla mamma è nata in modo semplice, quasi banale, superando una macchina che trasportava sul tettuccio un kart: “Se Edo cresce con la passione dei motori? Se vuole fare il pilota, magari di moto, come ci comporteremmo?”. La mamma non si è scomposta (conoscendola mi sarei aspettato: “MA SEI MATTO, DEVE PASSARE SUL MIO CADAVERE!!!”) affermando sicura che questo tipo di passione nasce se ci vivi in quel mondo, altrimenti è difficile! In effetti è così, sono sport che richiedono condizioni particolari e passioni forti che nascono fin da piccoli, non è così semplice come prendere sotto braccio un pallone, utilizzare quattro felpe per fare i pali delle porte e con qualche amichetto mettersi a giocare a pallone per ore senza mai fermarsi. Un kart o una mini-moto non te li puoi infilare sotto il braccio e presentarti su una qualsiasi pista di kart e iniziare a correre.

Poi leggo di un ragazzino, un pilota tredicenne morto in un incidente durante una gara sulla pista di Indianapolis, c’è una piccola foto sul sito del corriere (non ho volutamente cercato altre immagini) dove lo si vede sorridente a cavalcioni di una moto. Ci si chiede per quali ragioni un ragazzino debba rischiare la vita anche con il consenso dei genitori. Ambizione? Di chi? Del papà che avrebbe voluto fare il pilota? Del ragazzino? La sua passione è sufficiente a giustificare un rischio del genere?

Leggendo l’articolo e pensando a quel ragazzino mi sono ricordato di quel semplice scambio di battute con la mamma di qualche giorno fa e la domanda è rimasta in sospeso nella mia testa. E poi ho ripensato alle infinite partite di pallone giocate fin da bambino in cortile sognando di diventare un calciatore e sinceramente se passione deve essere spero che sia quella di correre dietro a una palla piuttosto che salire in sella di una moto oppure nell’abitacolo di una macchina!