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Da un bellissimo libro di Laura Esquivel “Dolce come il cioccolato” è venuto fuori un piccolo capolavoro fatto di magia, romanticismo, amore, tristezza, sesso e naturalmente cibo, il tutto proposto con ricette davvero particolari.

Nel Messico degli inizia del ‘900, la tradizione vuole che l’ultima figlia Tita non potrà mai sposarsi e avere figli per accudire la dispotica madre. Pedro, perdutamente innamorato di Tita, pur di starle accanto sposa la sorella maggiore Rosaura. Tra ricette, sesso, magia, il film ci racconterà questa storia d’amore d’altri tempi o forse la solita storia di sempre, ma questa volta condita da ricette dai mille sapori e anche un po’ pesantucce a dir la verità. Tita ricambia l’amore di Pedro cucinando questa ricetta: quaglie ai petali di rosa.

Ingredienti:
12 rose, possibilmente rosse
12 castagne
due cucchiaini di burro
due cucchiaini di fecola di mais
due gocce di essenza di rose
due cucchiaini di semi di anice
due cucchiaini di miele
due spicchi d’aglio
6 quaglie
1 «pithaya»*
*(fiore bianco dall’intenso profumo, simile a quello della vaniglia)

Preparazione:

«Si staccano con grande attenzione i petali delle rose, stando attenti a non pungersi le dita, perché a parte il forte dolore causato dalla spina, i petali possono rimanere impregnati di sangue e questo, oltre ad alterare il sapore della pietanza, può provocare reazioni chimiche addirittura pericolose. Ma Tita era incapace di ricordare questo piccolo dettaglio di fronte all’immensa emozione che aveva provato nel ricevere un mazzo di rose dalle mani di Pedro. Era la prima emozione profonda che sentiva dal giorno delle nozze della sorella, quando aveva ricevuto la dichiarazione d’amore di Pedro cercando di nascondere il suo turbamento agli occhi degli altri. […]

Una volta staccati, i petali si pestano nel mortaio con l’anice. Separatamente, si fanno dorare le castagne sul comal, si sbucciano e si fanno bollire per poi farne un purè. Si rosola l’aglio nel burro dopo averlo tritato finemente; quando è imbiondito, si uniscono il purè di castagne, il miele, i petali di rosa e sale a piacere. Per rendere più densa la salsa si possono aggiungere due cucchiai di fecola di mais. Infine si passa al setaccio e si aggiungono due gocce di essenza di rose, non di più, altrimenti c’è il rischio che la salsa diventi troppo aromatica e troppo saporita. Appena fatto questo la si ritira dal fornello. Le quaglie si fanno insaporire nella salsa soltanto per dieci minuti e poi si tolgono. […]

Quando si sedettero a tavola l’ambiente era leggermente teso, e non cambiò fino all’arrivo delle quaglie. Pedro, non contento di aver fatto ingelosire la moglie, senza riuscire a trattenersi, gustando il primo boccone della pietanza, esclamò, chiudendo gli occhi con espressione davvero lussuriosa: «Questo è il cibo degli dei!». Mamma Elena, sebbene riconoscesse che si trattava di un intingolo davvero squisito, infastidita da quel commento replicò: «C’è troppo sale». Rosaura, adducendo nausea e capogiri, non poté mangiare che tre bocconi. A Gertrudis, invece, capitò qualcosa di strano. Pareva che il cibo ingerito le producesse un effetto afrodisiaco perché cominciò a sentire un intenso calore che le invadeva le gambe. Un solletico al centro del suo corpo non le consentiva di rimanere correttamente seduta sulla sedia. […] Tentò di cercare sostegno in Tita ma quest’ultima era assente […]. Pareva che per uno strano fenomeno di alchimia il suo essere si fosse dissolto nella salsa di rose, nelle quaglie, nel vino e in ogni odore di quel cibo. In questo modo penetrava nel corpo di Pedro, voluttuosa, aromatica, ardente, assolutamente sensuale.
Era come se avessero scoperto un nuovo codice di comunicazione in cui Tita era l’emittente, Pedro il destinatario e Gertrudis la fortunata nella quale si creava, grazie al cibo, la sintesi di questo singolare rapporto sessuale. […]

Gertrudis in realtà non si sentiva bene, e sudava copiosamente in tutto il corpo. Le gocce di sudore erano rosa e avevano un gradevole e penetrante profumo di rose. Provò un impellente bisogno di fare una doccia e corse a prepararsela. […]
Il calore emanato dal suo corpo era così intenso che le assi incominciarono a crepitare e a bruciare. Colta dal panico di morire carbonizzata tra le fiamme, si precipitò fuori dallo stanzino, così com’era, completamente nuda.»
(“Dolce come il cioccolato – Laura Esquivel)

Questo post partecipa alla rubrica BUIO IN SALA (anche se ho scritto più del libro che del film alla fine), mercoledì cinematografico di Mamma F & Mamma C di Nati per delinquere. Grazie e buona visione.